II DOMENICA DI QUARESIMA
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
L’inizio di questo passo del Vangelo mi lascia perplesso: «Gesù salì sul monte a pregare». Mi sforzo di immaginare come pregasse Gesù, chi pregava….
Perché, se pregava il Padre pregava anche Se stesso, oltre che lo Spirito.
Ma le mie elucubrazioni mentali sono poco o nulla interessanti perché non possono essere la risposta a ciò, giacché solo pregando riesco a comprendere queste righe, ovvero annullando i cinque sensi, erigendo un muro a difesa dell’intelletto col quale si può essere a contatto con Dio secondo le concessioni del Padre.
Mi domando perché salì sul monte a pregare? Come al solito la mente sconfessa se stessa: il monte è un linea verticale che è orientata verso il cielo, al cui vertice non si ha molta gente intorno. Gesù, dunque, cerca la solitudine guardando verso l’alto, distogliendo lo sguardo dalle cose terrene, quelle a valle.
Quel monte, il Tabor, storicamente non era disabitato ma aveva una città fortificata; la preghiera, quella in intimità con Dio, richiede solitudine e fortificazione dell’intelletto giacché il maligno avrà il compito di fare breccia in quelle mura.
Gesù ci indica la via della preghiera che è Grazia ma richiede desiderio, amore, fatica, costanza; è proprio come scalare un monte, lo si fa a piccoli passi e con la meta fissa nel cuore, guardando sempre in alto e tutto ciò porta all’intimità con Dio e alla Grazia della trasfigurazione.
Gesù offre un’anteprima della resurrezione nella Sua trasfigurazione «il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante.» E continua: «Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme».
Mosè rappresenta la Legge ed Elia i Profeti. Entrambi testimoniano con le Scritture l’esodo di Gesù a Gerusalemme ovvero sull’altro monte, il Golgota, in un tragitto interiore umano che passa dalla folgorazione della Luce divina al compito necessario per gli uomini di inchiodare i propri peccati, il proprio ego e morire ad essi, Gesù se ne farà carico il giorno della Sua morte e della sua Resurrezione.
«Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia».
Pietro Giovanni e Giacomo sono oppressi dal sonno perché sono attoniti; non è così scontato credere; sono materia, sono carne al cospetto di un evento spirituale sconvolgente per questo sono rimasti abbagliati e non riescano a sostenere quella visone perché la carne e l’incredulità impedisce loro la presa di coscienza dell’evento.
La percezione anche parziale di questa visione porta Pietro a provare una gioia incontenibile tanto che dichiara il Suo stato di benessere, vuole stare con Gesù, e chi ha avuto la grazia di percepire la presenza di Gesù nella preghiera sa che il desiderio non finisse mai.
Gesù ci invita a seguire le Sue orme per poi scendere a valle e affrontare i nostri limiti e le nostre paure lasciando il nostro fetido surplus ai piedi della Croce.
Forse la richiesta di Pietro scaturiva da un bisogno naturale di sicurezza perché confortato dalla presenza gloriosa di Gesù e non dalla Fede nell’avventura della vita, forse per questo non sapeva ciò che diceva.
«Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo! Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto».
Mentre Pietro sta ancora parlando in modo estatico, la Shekinah, la nube scura che già nei passi dell’AT rivela la presenza di Dio, scura completamente la visione degli Apostoli che sono pervasi da timore perché ne percepiscono anch’essi la presenza di Dio consapevoli che non possono vederlo in volto senza morire (cfr. Es 33,20) ma lo possono ascoltare proprio come Mosè aveva insegnato: “Il Signore vi parlò dal fuoco e voi udivate il suono delle parole ma non vedevate alcuna figura; vi era soltanto una voce!” (Dt 4,12), e udirono: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
Ascoltatelo che non è: “vedetelo”: la Parola è l’ascolto, il Suo procedere è il nostro percorso.
«Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto».
Il nostro compito è scendere a valle e salire sul Golgota per poter affermare di aver fatto la volontà del Padre
M.M.