Con la morte e il silenzio della tomba del Sabato Santo il Signore non riveste più la fisionomia della nostra quotidianità, ma entrando nel sepolcro libera la speranza, l’attesa, la prorompente azione dell’amore di Dio: nasce la nuova umanità. Nell’attesa, quasi donna gravida, la terra, il cielo e tutto ciò che contengono si aprono alla paternità amorosa, alla solerte preoccupazione di andare ad annunciare che tutti e tutto siamo stati purificati, divenuti figli della luce e del giorno, della festa, della solidarietà, della gioia di una fraternità che non è data dalla carne e dal sangue, ma dallo Spirito del Crocifisso risorto, e quindi capaci e pronti ad abbattere gli idoli che seminano morte.
La nostra società ha nel suo seno tanta idolatria che continuamente partorisce seminando false sicurezze, determinando antagonismi, lotte, ferite, lacerazioni e morte. Criminalità organizzata in ogni settore della vita sociale, desideri e progetti di potere dove la persona è considerata antagonista più che presenza di opportunità per crescere nella diversità, in quella fraternità universale che è portatrice di speranza e costruttrice di un presente e di un domani a misura di uomo. Progetti di morte camuffati da interessi per singoli e collettività che determinano un vivere quotidiano dove la condivisione non è di casa. Confidare nel denaro o nel potere, porsi progetti di facili felicità vuol dire determinare sconvolgimenti nel profondo dei cuori creando donne e uomini dal cuore di pietra e già per questo morti alla vera vita. La Croce ci spoglia di sicurezze e ci mette nudi di fronte ai fallimenti e alle loro solitudini. È follia la Croce! Il Dio che rende giustizia a coloro che subiscono torti, il Dio che esalta il Cristo umiliato e condannato è il Dio della speranza del mondo nuovo, nella giustizia e nella pace. È questa una sapienza sconvolgente, rifiutata dalla sapienza umana e che noi siamo chiamati, perché discepoli del Crocifisso, ad accogliere e contemplare. Noi, per grazia di Dio, ci poniamo davanti alla croce, al Crocifisso non per alienarci, ma per rendere fruttuosa la vita, per avvertirne il valore e la sapienza del progetto di Dio.
Solo stando sotto la Croce scopriamo la nostra identità ed il nostro compito nella storia. Gesù Cristo è stato giudicato folle per i sapienti, fonte di scandalo per la maggior parte dell’umanità di ieri e di oggi. Il Signore si fa fratello di chi è disprezzato, abbandonato, oppresso. Dio sulla croce è debole, impotente e proprio così è vicino a me, a te, ad ogni persona. Questa è la grande rivoluzione dell’amore!
Si comprende di conseguenza come la comunità dei cristiani non possa stare nei palazzi dei potenti, pena la sua scomparsa, ma ai piedi del suo Signore, ai piedi della Croce, come e insieme a Maria, contemplandola nel suo sì. Ai piedi della Croce il cristiano apprenderà la difficile arte di amare, diventando capace di annuncio del futuro non di paura, ma di speranza, di luce, perché il Crocifisso si dona per noi e per tutti. Il segreto della nuova umanità, che nasce dal costato trafitto sulla Croce, sta in una progettualità che è quella del Cristo: «per voi e per tutti». Questa logica è il segreto della nuova umanità.
Coloro che hanno accolto Cristo Gesù non possono coltivare conseguenzialmente la logica del merito, ma quella del dono. È il dono che ci fa essere persone nuove della novità del Crocifisso, novità di un amore senza confini che crea la sospirata novità che si chiama unità, che è risurrezione! Questo ci permette di vivere il quotidiano in Cristo, come afferma San Paolo: «Per me infatti il vivere è Cristo» (Fil 1, 21) e ci apre gli orizzonti ampi della solidarietà. La Croce è il segno che ha cambiato il mondo perché proclama l’uguaglianza di tutti, riunisce in sé il dolore immane dell’intera umanità; è l’indice puntato contro tutte le ingiustizie del potere. Non è il Maestro crocifisso il simbolo di una umanità che desidera la luce e non il buio del non senso? Non è la Croce il simbolo di uguaglianza, di sofferenza e di carità? Cristo sulla Croce tace non perché non abbia parole da dire in quel momento. Ciò che dice è la grande luce dell’amore, del perdono: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34), «Oggi sarai con me nel paradiso»( Lc 23,43). Questo desta meraviglia anche ai servitori del potere: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio» (Mt 27,54). La Croce è il simbolo del dolore che quotidianamente l’uomo sperimenta e Cristo dimostra di essere l’uomo vero prendendo su di sé le nostre miserie: «Egli è stato trafitto per le nostre colpe» (Is 53,5). Per questo motivo il Concilio Vaticano II afferma: «Chi si accosta a Cristo, l’uomo perfetto, diventa a sua volta più uomo» (Gaudim et spes, 41).
Gesù crocifisso è il volto universale dell’umanità; è la grande, vera rivoluzione avvenuta nella storia, che continua, perché vive sulla sua carne il perdono che riconcilia con se stessi, con gli altri, con Dio, senza differenze, perché annuncia, chiede e dona perdono. La grande rivoluzione del Crocifisso è proprio aver offerto all’umanità la cultura del perdono che dà speranza. Il Crocifisso è la grande rivoluzione che ha umanizzato e tuttora umanizza l’uomo e la sua storia; è la strada maestra dove l’uomo può percorrere la sua vicenda storica mano nella mano con l’altro che considera fratello, amico, realizzando il sogno di Dio: « perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21).
Il discepolo del Signore crocifisso e risorto vede la storia dalla prospettiva del Maestro. Dice il Signore: «Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, la sarà anche il mio servitore» (Gv 12, 26). Ma servire il Signore non è solo fare delle cose per Lui quanto prima di tutto condividere la sua vita, incluso il Calvario. Se annunciamo Cristo crocifisso è importante per noi essere lì dove è Lui, sul Calvario della storia. È importante allora vedere la storia dalla prospettiva del Calvario perché: «ciò che stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che debolezza di Dio è più forte degli uomini» (1 Cor 1,25). Solo guardando la storia dall’alto del Calvario possiamo evitare di fare della nostra fede una “mondanità spirituale”, come afferma Papa Francesco. «La mondanità spirituale che si nasconde dietro apparenze di religiosità e persino di amore alla chiesa, consiste nel cercare, al posto della gloria del Signore, la gloria umana ed il benessere personale. Si tratta di un modo sottile di cercare i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo. Se invadesse la Chiesa “sarebbe infinitamente più disastrosa di qualunque altra mondanità semplicemente morale» (Francesco, Evangelii Gaudium ,93). Non possiamo mondanizzare la nostra fede nel Cristo Signore crocifisso! Per cui è necessario metterci nella prospettiva del Calvario: «Se qualcuno vuole venire dietro di me, prenda la sua croce e mi segua» (Mc 8, 34). Se vogliamo fondare la nostra vita su una speranza certa, dobbiamo scegliere Gesù come nostro futuro e saremo sempre con Lui: «Io sono infatti persuaso che nè morte nè vita, nè angeli nè principati, nè presente nè avvenire, ne potenze, ne altezza nè profondità, nè alcun altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,38-39 ).
In questo tempo quaresimale contempliamo il Signore crocifisso, contempliamolo nel curvarsi su di noi, invitandoci ad uscire, a percorrere con Lui il sentiero della vita. Condividiamolo nel desiderio di riconciliazione con il profondo di noi; sentiamo i battiti del suo cuore per ogni uomo, chiedendogli: “Signore Gesù rendi il nostro cuore simile al tuo”. Vivremo di Lui, saremo risorti con Lui, canteremo la sua vittoria sulla morte, inneggeremo all’Amore che fa di noi una sola cosa con Lui.
Buon cammino verso la luce del Risorto!
(Da “Passione di Dio, Passione dell’Uomo” lettera del Parroco don Pierino Liquori alla Comunità per la Quaresima)