SANTISSIMO CORPO E SANGUE DEL SIGNORE
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
Non riusciremo a comprendere il Mistero Eucaristico, come Amore offerto, se non riconosciamo, nell’ umanità sofferente, lo stesso nostro Dio crocifisso che vi si nasconde, come germe di vita nuova.
Sua manifestazione potente sarà la Resurrezione finale, eternità gloriosa, che il Vangelo annuncia e il Pane Eucaristico in sé contiene: grazia già meritata, nel trionfo sulla morte, dal Redentore.
Anche il Padre, nella Pasqua del Figlio, ci ha riaccordato il Suo amore: Comunione profonda con tutto il creato.
L’uomo contemplativo, nel corpo del Cristo, fatto pane, intravede la sintesi tra l’umana cristificazione e la trasfigurazione del cosmo e della storia. L’Eucaristia però non è solo manifestazione della redenzione universale; è infatti anche medicamento contro ogni male che ottenebra e divide il cuore dell’uomo e i popoli.
Chi ne adora il mistero, scopre la propria fragilità che il desiderio di essere in Dio sublima ma non nasconde. Ed è proprio il Mistico Pane che, inabissandosi nel peccatore umile che Gli si accosta, a medicare il cuore ferito, restituendolo alla relazione trinitaria iniziale.
Per capire meglio il potere salvifico della comunione, bisogna risalire all’Ultima Cena: Gesù, la notte in cui fu tradito, mentre cenava con i Suoi, offrì loro il Suo corpo e il Suo sangue, sotto le specie del pane e del vino.
In questo dono che il Cristo fa di sé agli apostoli, c’è già tutta la Passione d’Amore del Redentore che né il tradimento di Giuda, né il rinnegamento di Pietro, né il peccato inflittoGli da tutti gli uomini avrebbero potuto rendere meno generoso.
Forte in Gesù è il desiderio di restare con noi (“Non vi lascerò mai soli”), deboli e incapaci di esserGli fedeli.
Pure la Pasqua del Signore ci ha fatto dono della fortezza dei Santi, che lo Spirito promesso (“Vi manderò un altro Paraclito che resti sempre con voi”), in noi continua a confermare, aprendoci alla paternità di Dio, il Tre Volte Santo.
L’Abbà di Gesù Cristo, perché, come gli ebrei nel deserto, non soffrissimo la fame, continua a saziarci con la Parola e con il Corpo del Figlio, ogni giorno.
Il Vangelo di questa domenica ci presenta un altro deserto e una moltitudine diversa da quella dell’Esodo, ma anche questa affamata. Non solo di pane si rivelano bisognosi i cinquemila che seguono Gesù, nuovo Mosè. E il Signore li sazia prima con la Sua Parola, poi con il pane che prefigura l’Eucaristia. Il poco (cinque pani e due pesci) che avevano di scorta gli apostoli diventano sovrabbondanza di cibo, grazie alla carità del Cristo e al servizio fraterno degli apostoli. Dopo che tutti si furono saziati, ne avanzarono ben dodici ceste.
Gesù, come Pane quotidiano, ci si propone a rimedio delle divisioni e dei soprusi da cui nascono le guerre. Soprattutto ci guarisce dall’avarizia, forma di idolatria abominevole, che rende il cuore umano schiavo dei beni. Se l’amore contagia gli uomini, l’ascolto della Parola e la comunione eucaristica ci rendono Suoi discepoli e ci preparano al Paradiso, dove vivremo in un’intimità sempre più intensa con Dio: siederemo alla Sua stessa mensa e Gesù continuerà ad offrirsi come vivanda divina nel ringraziamento filiale al Padre, cui ci comunicheremo, insieme con gli angeli, eternamente.
M.G.C.