Oltre il contingente: il Tempo di grazia
La Quaresima è considerata, nell’immaginario collettivo, come richiamo all’austerità, alla penitenza e al digiuno quando è soprattutto tempo particolare di lode all’amore di Dio che si è manifestato in Gesù Cristo crocifisso e risorto; è lode alla sua presenza; è contemplazione amorosa ed estatica del Manikos eros; di questo folle Dio che «da ricco che era si è fatto povero per noi» (2Cor 8,9).
Questo lungo periodo della liturgia della Chiesa ha in sé una capacità rivoluzionaria che se accolta ci rende felici, capaci di cantare le meraviglie di Dio e vederlo e contemplarlo nella pochezza di un libro antico sì, ma sempre nuovo, qual è la parola dei Vangeli e nella quasi inutilità di quell’Ostia, se la paragoniamo al tanto che diamo al nostro stomaco nelle mense familiari o con gli amici.
Davanti all’opera di Dio che si è manifestata soprattutto in Gesù Cristo, non possiamo se non benedire, lodare, contemplare e vivere il quotidiano con il cuore illuminato che chiede di portarci verso l’altro, soprattutto a chi è in difficoltà. Noi come discepoli di Cristo siamo portatori di un messaggio di amore che riceviamo attraverso lo “stare amoroso” davanti al Signore.
La com-passione, per essere azione cristiana, chiede contemplazione; chiede di “stare” e, potrei osar dire, di “perdere tempo” davanti al mistero dell’amore di Dio; ci chiede di essere innamorati di questo pazzo Dio. Per questo ritengo opportuno di incastonare la riflessione sulla com-passione nella contemplazione dell’amore di Cristo che: «per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo»(Professione di fede).
I movimenti dell’Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione di Cristo ci devono attirare, quasi da innamorati, ed invitare a “stare” in contemplazione davanti al Signore Gesù, proprio come Maria, la sorella di Lazzaro, nostro Santo protettore e nella lavanda dei piedi: atteggiamento tipico di chi ama e contempla. Nell’episodio di Giovanni 12,2 e di Luca 10,40, vediamo due atteggiamenti che si integrano: quello di Marta e quello di Maria. Solo apparentemente l’una è attiva e l’altra passiva, ma in realtà sono complementari: non c’è servizio senza amore, né vero amore senza servizio. «Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora prese trecento grani di profumo di vero nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugo con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo» (Gv 12, 2-3). Maria in questa circostanza, davanti a tutti, senza vergogna, o rispetto umano, coglie l’occasione per testimoniare il suo amore e la sua gratitudine al Signore. Per la mentalità materialista di Giuda è sconcertante l’azione di Maria perché “sciupa” un profumo prezioso, costato tanto, quando sarebbe stato più utile utilizzarne il valore dandolo ai poveri. Giuda è l’opposto di Maria. Lei è tutto amore, dono, contemplazione; lui è invece calcolo economico e avidità di guadagno. Maria conosce bene il valore del profumo e sa quello che fa. E lo fa davanti agli occhi di tutti, come se fosse sola, come se per lei non esistessero che quei piedi amati da cospargerli di profumo, da accarezzare, da baciare e asciugare con i suoi capelli. L’atteggiamento di Maria è amoroso. Lei è tutto amore, Giuda è calcolo, avidità di guadagno mascherato da pauperismo, il suo era solo un pretesto! Maria ha intuito che il povero che accarezzava, baciava, cospargeva di profumo era proprio Gesù che si è fatto povero per noi. Gesù è rimasto quasi sorpreso e contento del gesto di Maria tanto da fare lui qualcosa di analogo per i suoi discepoli: lava i piedi quasi contemplandoli; fa una lavanda d’amore. Sapendo di essere alla fine della vita terrena compie un gesto tipicamente amoroso: lavare i piedi. Dall’esterno vediamo un gesto di amore, ma guardando con il cuore ciò che fa Gesù è contemplazione! Fa sette azioni, nessuna parola, solo silenzio amoroso.
«Si alzò da tavola; depose le vesti; prese un asciugamano; se lo cinse attorno alla vita; versò l’acqua nel catino; cominciò a lavare i piedi dei discepoli; ad asciugarli con l’asciugamano» (cfr. Gv 12, 2-3). Il brano sembra scandire la settimana della nuova creazione. Gesù depone la veste, cioè la vita che da per “lavare i piedi”. Questo gesto profetico il Signore lo compie nell’amore grande, quasi contemplando questa sua opera, proprio come fece Dio dopo la creazione: «e vide che era una cosa molto bella» (Gn 1,4 ). Il Signore non parla, è vero, ma compie solo un gesto che indica un cuore amoroso che batte e fa agire. Gesù è modello di contemplazione e fonte per la nostra contemplazione. Egli continua la sua opera, ci guarda, ci sorride, ci fa partecipi del suo progetto a vantaggio del prossimo; ci fa “ardere il cuore” e ci manda. Questa è l’avventura del povero cristiano che condivide l’opera del maestro: «se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni gli altri» (Gv 13,14). Lavarsi i piedi, gli uni gli altri, è segno di una reciprocità disarmata, cioè senza interessi, di un servizio libero da ogni forma di dominio, di bravura diremmo, ma di una ospitalità che trova gioia nel volontario abbracciarsi. Allora il servizio all’altro diviene espressione della contemplazione di Cristo, del suo dono per noi: «come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Gesù non fa una predica sul servizio! Egli agisce e alla fine dice: «Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi» (Gv 13,15). Gesù agisce contemplando; il suo discepolo, chiunque sia e dovunque sia, imita il suo maestro. Allora amare Dio, considerarsi discepoli di questo unico maestro significa passare dalla liturgia alla vita e dalla vita alla liturgia per rendere grazie, lodare e benedire. Questa è la carta d’identità del discepolo di Cristo: “guarda” Lui e lo serve nel fratello in difficoltà; questo è il segno di riconoscimento del discepolo di Cristo e questo, e solo questo, è il segno di appartenenza alla Comunità creata da Lui: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: “se avete amore gli uni per gli altri”» (Gv 13,35). Possiamo fare nostra questa preghiera: «Gesù, vieni, ho i piedi sporchi. Per me fatti servo, versa l’acqua nel bacile; vieni, lavami i piedi. Lo so, è temerario quello che ti dico, ma temo la minaccia delle tue parole: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”. Lavami dunque i piedi, perché abbia parte con te» (Origene, Omelia 5 su Isaia). Questo tempo particolare che il Signore ci dona è anche un invito alla con-versione, ad un cambiamento di progettualità alla luce della Parola di Dio che la Chiesa ci offre in questo lungo e affascinante tempo dell’anno liturgico. E’ annuncio da parte della Chiesa, dell’arrivo del Sole, della “primavera” e “dell’estate”. Sì, possiamo paragonare questo tempo alla primavera che annuncia l’estate, spiritualmente parlando. E’ il tempo bello, anche se austero, che ci prepara ad accogliere la luce senza tramonto, quella luce che non ha mai fine: Cristo risorto, vincitore dell’inverno del mondo e della morte. È un tempo di grazia, di presenza particolare del Signore che vive per noi e con noi il tempo della prova, perché possiamo riconfermare con maggiore convinzione e gioia la nostra fede. Saranno giorni di riflessione, di implorazione, ma anche opportunità di stare “appartati amorosamente” con Lui nel “deserto” di questa nostra quotidianità che ha dentro tanta aridità, solitudine, tentazioni, paura del domani, paura dei tanti “serpenti” velenosi che ci ingannano sul senso della vita. È tempo di muoversi più decisamente verso l’Altro che è dentro di noi: «Deus intimior intimo meo» (Sant’Agostino), e verso l’altro che cammina con noi. Questo periodo che inizia con il Mercoledì delle ceneri, è tempo sacramentale che esprime e dona nuove modalità di vivere dove le “pietre” diventano “pane”, cioè vita; diventano comunione con Lui che si è fatto e si fa pane per noi. «Se uno mangia questo pane, vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6, 51-58). È tempo di desiderio intenso e di incontro con il fratello, chiunque esso sia, da qualsiasi parte del mondo sia arrivato; è offerta di riconciliazione: dimensione del divino che per natura è pace e perdono: «lento all’ira e grande nell’amore» (Sal 102,8); «Perdonate e vi sarà perdonato»(Lc 6,37); è dimensione della persona vera che entrando in se stessa si trova abitata dalla luce, dalla verità, dalla pace, dalla speranza: «La speranza poi non delude perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5, 5).
Per la riflessione…
- Vuoi dare spazio al desiderio di vivere questo tempo di grazia?
- Quali sono le resistenze nel farlo?
- Riesci a creare nella tua giornata “spazi di contemplazione” del Maestro?
- Riesci a creare conseguentemente spazi di Servizio?
- Riesci a mantenere come prioritario l’impegno di contemplare e servire, al pari di ogni attività giornaliera indispensabile?
(Da “Andare oltre…” lettera del parroco don Pierino Liquori alla Comunità per la Quaresima)