Oltre il pensabile: l’opportunità
La com-passione di Cristo nelle nostre case passa dall’amore, dall’attenzione, dalle premure, dalla presenza dei vicini, mentre per vari motivi purtroppo passa spesso attraverso lo straniero di cui parla la parabola del buon samaritano. La pagina evangelica del giudizio finale, ricordiamolo bene, ci dice che nell’accoglienza di chi ci sta accanto, ma anche di chi bussa alla porta del nostro cuore, possiamo accogliere Lui. È questa, in un certo senso, una forma di religiosità “laica” con la quale possiamo incontrare in casa il Signore che, ricordiamolo, alla fine della vita ci giudicherà sull’amore servito, donato a Lui nella persona dell’altro. Sconfessa invece la sua fede chi dice con la vita ciò che disse Caino: «Sono forse io custode di mio fratello?» (Gn 4, 9). L’altro per il discepolo di Cristo non è solo colui, colei con il quale si percorre un tratto o il tratto della vita, ma è Cristo stesso. L’altro è il sacramento di Cristo:
«Chi accoglie voi, accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa» (Mt 10,40-42).
Dire sacramento allora non è aggiungerne un altro ai sette che ci ha dato Gesù, ma avere l’opportunità, anche fuori della liturgia, di incontrare il Signore, fonte della grazia, nella quotidianità di gioie e dolori, fatiche e speranze; in quella quotidianità consumata, purtroppo anche da tanti cristiani, come se Dio non ci fosse, tanto siamo convinti di esserne protagonisti unici. La quotidianità è il Kairos di Dio, il tempo opportuno della sua presenza, ma nella “drammaticità” di chi ci sta accanto, di chi ci passa vicino e forse noi non ce ne accorgiamo. L’altro: sacramento di Cristo! L’altro senza il quale vivere non è vivere: «Senza di me non potete far nulla» (Gv 15,1). L’altro: una presenza misteriosa che offre l’occasione di entrare nel profondo, guardandoci dentro. Ma quanto è difficile guardarsi dentro, quando invece diviene il segreto di essere se stessi, di essere autentici e di guardare l’altro e ridere di sé perché è per te! Sì Gesù è l’altro che, misteriosamente guardato, porta gioia perché condivide; ci è accanto, anzi ci è dentro: basta avere il cuore aperto per accorgersi della sua presenza e vivere in comunione con Lui e in Lui con ogni persona che incontriamo e realizzare la vita come una festa condivisa.
Dalla consapevolezza di questa presenza scaturisce la preziosità di chi incontro, di chi mi sta accanto perché: «Qualunque cosa avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40). Qualche volta ci saremo chiesti su cosa fare per essere veramente cristiani e impariamo dal Vangelo che il segreto è la condivisione che parte da quel pane spezzato nell’Eucarestia, nella Parola accolta e che continua nella quotidianità dove Gesù chiede “attenzione” all’altro nel quale misteriosamente lui si rende presente. Se lo accogliamo sentiamo il cuore abitato; se siamo indifferenti viviamo con il cuore triste, proprio come il giovane ricco il quale «se ne andò triste perché aveva molti beni» (Mt 19,22,) perché incapace di uscire da sé, dal suo egoismo. Cristo, Signore nostro, non vuole persone tristi perché attaccate a se stessi, ma gioiose per il dono costante di se stessi per gli altri. Anche questa è empatia che si trasforma in comunione: ambiente nel quale il Signore Gesù abita con piacere!
La Com-passione supera anche la morte, la vince, proprio come è accaduto al nostro Santo patrono San Lazzaro (cfr. Gv 11,1-43). In questo episodio evangelico vediamo, ammiriamo, commossi, l’atteggiamento di Gesù che piange evidenziando il suo atteggiamento di empatia che in questo caso è accostarsi alla morte superandola; è sentirsi solidale con chi è nello sconforto e nel dolore. Gesù libera, dà conforto: «Chi crede in me, anche se muore vivrà… Io sono la risurrezione e la vita… Credi tu questo?» (Gv 11,1-26).
Se siamo attenti all’altro, se lo accogliamo nel cuore, noi viviamo perché vivere è essere amati e possiamo amare accorgendoci dell’altro solo perché l’amore ci ha generati. Possiamo dare solo se la nostra vita è un dono e possiamo liberare gli altri perché siamo stati liberati da Colui che ha un cuore più grande del nostro.
In questo cammino quaresimale anche noi possiamo ridare vita se riusciamo con l’amorevolezza, la compassione, la solidarietà, la preghiera, l’ascolto della Parola, il nutrimento del Pane di vita, ad uscire dall’io aprendoci al tu, formando il noi che diviene sacramento del noi di Dio.
Non liberiamoci di Dio che passa in modo non consueto, come sa fare lui, senza riconoscerlo, perché questo ci porterebbe ad essere schiavi delle tante “divinità” che ci costruiamo, ma che non hanno occhi per vedere, orecchi per ascoltare, mani per accompagnare e accarezzare, cuori per amare. Vedere e accogliere Dio nell’uomo e l’uomo in Dio è il fondamento della pace del cuore, della speranza in un futuro di condivisione, di una umanità riconciliata. Solo l’amore, che è onnipotente, ci garantisce la speranza di una umanità nuova nella quale abita, in pianta stabile, la bellezza che salva il mondo e il cuore di ciascuno.
Per la riflessione…
- Hai “passione” per Cristo?
- Dove vivi la passione per Cristo?
- Hai passione per Cristo nell’altro?
Buon cammino insieme, care Sorelle e Fratelli verso la Pasqua di Gesù, della Chiesa e di ciascuno di noi, accompagnati e protetti da Maria, mamma nostra cara e preghiamola ogni giorno con questa antica preghiera, affidandole questo nostro percorso quaresimale:
Sotto la tua protezione
cerchiamo rifugio
Santa madre di Dio:
non disprezzare le suppliche
di noi che siamo nella prova,
ma liberaci da ogni pericolo,
o Vergine gloriosa e benedetta
(Da “Andare oltre…” lettera del parroco don Pierino Liquori alla Comunità per la Quaresima)