IV DOMENICA DI PASQUA
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 10, 27-30)
In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Siamo cristiani, cioè discepoli di Cristo, in questa nostra società; siamo per questo costruttori di storia, ognuno secondo la chiamata ricevuta, la sensibilità e la formazione culturale, religiosa, professionale; siamo responsabili di famiglie, di comunità, di società. Quali sono i valori che desideriamo trasmettere? Cristo Signore ha un ruolo nella nostra quotidianità di gioie e dolori, fatiche e speranze? La pagina evangelica ci dà il segreto o la chiave di lettura della nostra riuscita in questo quotidiano impegno di costruttori di umanità vera, di società a misura di uomo, di comunità cristiane aperte a Dio e all’uomo. Il segreto è l’ascolto della sua voce. Questo è l’atteggiamento di chi crede e sappiamo che ascoltare è molto più del sentire perché significa riconoscere chi ci parla. Il cristiano in quanto discepolo è colui/colei che ascolta. La fede cristiana passa dall’ascolto, dipende dall’ascolto perché nasce dall’ascolto. Di conseguenza aver fede non è un vago sentimento o accoglimento di verità, ma è aprirsi all’Altro tanto da aderire a lui. L’ascolto comporta pertanto una sorta di coniugalità che crea ed esprime comunione, unità. Conseguenzialmente ne deriva la sequela che è conformare la propria vita all’altro che ci parla dove questo non vuol significare perdere la propria identità, ma renderla più consapevole, più espressione del desiderio di essere una sola cosa. L’invito che Gesù rivolge a noi in questa pagina evangelica non è allora il “siate buoni se potete”, ma il desiderio suo che noi, in quanto discepoli, comprendiamo Lui e ci comprendiamo come suoi attraverso questo tipo di ascolto che ha il suo culmine nella partecipazione all’Eucarestia: segno sacramentale di un ascolto che si fa unità con Lui e tra di noi. Questa è condivisione di vita: sì perché tale è l’ascolto! In questa condivisione di vita c’è la conoscenza che non si dà attraverso un catechismo o una preghiera imparata, ma nel dono di sé stessi, che è il segno del sentirsi amati da Lui, conosciuti, chiamati per nome. Dobbiamo sentirci in Lui, sulla sua mano sempre pronta a rialzarci quando cadiamo, a perdonarci quando sbagliamo, a correggerci quando ci riteniamo infallibili, a cibarci di sé quando sentiamo la fame del senso, del bisogno di sentirci condivisi e spesso perdonati. Mettiamo allora la nostra mano nella Sua e cammineremo sempre di più verso il Sole.
Don Pierino