VI DOMENICA DI PASQUA
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 14,23-29)
In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».
Ringraziamo il Signore Gesù per questa Parola bella, affascinante, esigente pure, ma liberante. Domenica scorsa ci ha dato il comandamento di amarci come Lui ci ama; in questa domenica ci offre il segreto per vivere nel suo amore: “Se qualcuno mi ama, custodirà la mia parola”. Custodire vuol dire essere tabernacoli della Sua presenza e quindi donne e uomini innamorati di Lui, come Lui lo è stato e lo è tuttora per noi, nonostante noi, nonostante le nostre miserie e tradimenti. Qui si parla della dimensione fondamentale di un rapporto di amore: l’ascolto, il custodire la sua Parola. Non è possibile amare senza avere nel cuore la persona che diciamo di amare e questo vuol dire considerarla come luce, forza, desiderio, ragione di vivere! L’amore chiede di farci carne dell’amato/a, cioè presenza, dimora permanente, condivisione, storia di vita a tal punto da divenire l’altro e questo attraverso l’ascolto. San Paolo, innamorato di Cristo, afferma: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). Questo significa progetto di vita, di relazione all’insegna della presenza di Cristo in noi, della inabitazione e quindi dell’amore, dell’essere non più io in Lui, ma un noi, una sola carne, pur nella distinzione delle persone; è un farsi carne dell’altro. Noi siamo questo mistero che nell’accoglimento della Parola diveniamo con Lui e tra di noi una sola carne. Siamo Chiesa-sposa amata, amante. Non c’è Chiesa senza lo Sposo accolto nella Parola e nel Pane di vita: l’Eucarestia. Incontriamo Gesù custodendo nel cuore la sua Parola, proprio come Maria che, accogliendo la parola dell’angelo, divenne madre. L’unico progetto della comunità dei cristiani e del singolo è amare la Parola, quella Parola che Pietro sperimenta capace dell’impossibile: “sulla tua parola getterò le reti” (Lc 5,5), per poter essere una originale parola di Cristo nella storia di gioie e dolori, fatiche e speranze. Chiediamo allo Spirito Santo, che fu accolto dalla Madonna, facendola divenire Madre di Dio, che con la sua luce, la sua forza, possiamo essere capaci Dio di ri-cordare, di portare nel cuore sempre la Parola perché la Parola ci porti, divenendo tabernacoli della sua presenza che fa innamorare chi ascolta.
Don Pierino