XXIV DOMENICA T.O.
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 15,1-31)
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte». Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
In questa pagina evangelica vediamo la centralità del cristianesimo: il perdono di Dio. Questa, tuttavia, è anche la pagina che tocca la vita nostra: il peccato, che non è di pochi, ma di tutti: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra” (Gv 8,3) e il Vangelo annota: “Se ne andarono uno per uno cominciando dai più anziani fino agli ultimi”( Gv 8,9). Dio è Padre “lento all’ira e grande nell’amore” (Es 34,8); la sua principale caratteristica è la tenerezza; sempre attento paternamente a noi, sempre in cerca della sua creatura e questo sin dall’inizio della creazione: “Dove sei?” disse rivolto ad Adamo (Gen 3,9). Possiamo balbettare qualcosa di Dio partendo dall’amore, che è prima di tutto misericordia: miseriae cor datum. Questo brano evangelico ci offre le caratteristiche uniche, impensabili, eterne di Dio: la misericordia, la tenerezza, il perdono, la festa. Qual è la caratteristica dell’amore umano? Offrire all’altro non solo qualcosa, ma se stessi. L’amante donandosi si spoglia di sé, del proprio io: questo produce gioia, estasi unità, inabitazione. Ciò porta da una parte la sofferenza, ma anche la gioia: è il perdersi per ritrovarsi. Il cristianesimo fondato sull’amore di Dio per noi e sull’amore nostro per Lui e per ogni persona non è superfluo. Oggi da molti è ritenuto tale, ma non è così perché umanizza l’uomo attraverso l’amore, il perdono, la misericordia, la fiducia nell’altro, anche se sbaglia e ciò perché siamo un segno visibile nella storia di questo Padre misteriosamente ancora pazzo della sua pazza creatura. In questo padre della parabola vediamo gli atteggiamenti di Dio delineati da Gesù: la sua attenzione amorevole, il rispetto della volontà del figlio più giovane, la sua attesa, il suo abbraccio, il dono della dignità che aveva perduto, mettendogli l’anello al dito e accogliendolo in casa: la casa del perdono, dell’abbraccio benedicente, del dono, dell’amore, della festa. Il perdono di cui tutti abbiamo bisogno ci è dato nella stessa misura ricevuta da questo giovane che credeva di trovare libertà invece trova l’abbrutimento di sé. La pagina evangelica risponde ai tanti di oggi e di sempre che per una falsa visione della persona umana, considerano il cristianesimo triste, senza vita, senza un’anima capace di far fare il salto di qualità alla persona, alle sue realizzazioni. Ma domandiamoci: davanti alla statura alta di Dio che per l’umanità ha dato la vita, è possibile considerare la fede cristiana inutile per l’oggi e per il domani? Se Gesù è andato sulla croce per amore, è possibile considerarlo inutile per la vita? Coloro che lo seguono vivono di lui e secondo lui, per questo il cristianesimo umanizza la persona, la rende attenta al bisogno dell’altro, e per questo la nostra esperienza cristiana è perdono di Dio, è festa, è gioia, è condivisione. Non vergogniamoci del peccato e quando dovesse avvenire, sappiamo che c’è un Padre che ci attende e ci corre incontro.
Don Pierino