XXX DOMENICA T.O.
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 18,9-14)
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
Domenica scorsa abbiamo ascoltato Gesù che ci ha parlato della necessità di pregare; in questa ci invita a meditare sulla principale qualità dell’orante: l’umiltà. La preghiera è fiducia e abbandono, umiltà, virtù di Gesù di sua e nostra madre: Maria. “Imparate da me che sono mite e umile di cuore e troverete pace nel cuore” (Mt 11,29). La Madonna canta nel suo magnificat: “Ha guardato l’umiltà della sua serva” (Lc 1,48). Gesù sulla croce si abbandona umilmente e questo lo porta alla gioia della risurrezione. Per questo motivo si presenta a noi come umile, maestro e modello di umiltà: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per le vostre anime” (Mt 11,29). La Madonna canta la sua umiltà. Ci chiediamo: qual è il motivo dell’umiltà? Qual è il vettore? È l’amore! L’amore è la strada sicura. Chi ama è umile, si fa piccolo. Chi ama sente la propria inadeguatezza di fronte al dono incomparabile dell’altro. Bellissima è la pagina di Paolo chiamata “Inno alla carità”: vera lezione sul modo di intendere l’amore di Dio per noi e il nostro amore per lui è tra di noi. “La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine” (1 Cor 13,4-7). Chi ama svuota se stesso; vive l’esperienza dello spossesso di sé ritenendosi sempre inadeguato di fronte al grande dono ricevuto che dà il senso del vivere. Non è questo il dono che ci ha fatto il Signore che “da ricco che era si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà( 2 Cor 8,9). L’umiltà è la verità di noi perché noi siamo “humus”, terra, elevati al cielo dall’Umile che sulla croce ha pregato per noi: “Padre, perdona loro…” (Lc 23,33), abbandonandosi. L’umile conosce Dio, il superbo è lontano. La preghiera del fariseo è diabolica perché usa Dio per gratificare se stesso. Sentirsi superiore agli altri è diabolico. Il fariseo non prega Dio, è solo alla ricerca della gratificazione del proprio io: questo è peccato. Sentirsi superiori all’altro nella preghiera è disprezzare Dio e il prossimo. Gesù insegna ai suoi discepoli di allora, come di oggi, e quindi a noi, di allenarci nella “fatica” dell’umiltà: virtù sua e di coloro che con essa fanno sorridere Dio!
Don Pierino