PASQUA DI RISURREZIONE
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 20,1-9)
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
Siamo giunti alla meta. Cristo Gesù, morto e sepolto, non è più tra i morti. La morte lo ha tenuto con sé il tempo giusto perché l’uomo si scoprisse orfano di un fratello che ha insegnato l’amore: “Amatevi gli uni gli altri” (Gv 15,17), di un maestro di vita, di un Signore che non era venuto per essere servito, ma per servire e dare la vita per tutti.
Le donne del Vangelo, andate alla tomba, non vedono il suo corpo; Pietro e Giovanni vedono le bende e il sudario piegato, ma non vedono il Signore, eppure credono: che stranezza, non vedono il Risorto, ma credono, sì perché la fede non è evidenza, ma abbandono amoroso, fiducia totale. E’ Giovanni che crede.
Che strano: non c’è una visione, non c’è una parola; c’è solo il silenzio, eppure Giovanni crede. E’ il giovane che Gesù amava; è lui che è stato ai piedi del suo Signore crocifisso e che crede senza avere prove. Perché Giovanni, l’amato amante, va oltre l’evidenza. Ricorda le parole del suo maestro che sono state certezza, fiducia, speranza, luce. Noi non crediamo in Gesù risorto perché lo teniamo in vita con il pensiero, con il desiderio, con le parole, ma perché Lui ci comunica il senso della sua presenza. In seguito Gesù dirà a Tommaso: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani: stendi la tua mano e mettila nel mio costato: e non essere incredulo, ma credente!” (Gv 20,27). Sant’Agostino diceva che tocca Cristo chi crede in Cristo. La valenza della risurrezione di Cristo non è tanto nelle visioni, quanto nel significato di essa. La Risurrezione del Signore Gesù è stata una esplosione di energia divina, di potenza nei singoli, nella società, nel mondo e nell’intero universo perché le tenebre non l’hanno vinto. La morte è stata sconfitta, la luce ha penetrato i cuori, le menti, la storia, i popoli, il presente, il passato e l’avvenire. La fede nostra, di discepoli del Risorto, non è un vago sentimento, un bisogno quasi di alienazione, un tuffarsi nel potente ignoto, ma la Risurrezione di Cristo, diceva Sant’Agostino.
Si può dire che con la risurrezione del Signore si porta a compimento l’opera di Dio, che aveva avuto inizio con la creazione del cosmo e di Adamo ed Eva. Dopo le doglie del parto del venerdì Santo è nato il nuovo Adamo, l’uomo nuovo che ha comunicato la sua vita. Come dobbiamo porci davanti a questa realtà? Ci sono di aiuto i tre personaggi. Innanzitutto Maria Maddalena, che è la figura di ogni discepolo di Cristo. Il cristiano se non è discepolo, se non vive da discepolo, non vedrà mai il suo Signore, che purtroppo spesso trasforma in distributore di benzina, non me ne voglia il Signore per questo esempio! Quando finisce il carburante mi fermo, faccio il pieno e ritorno sulla mia strada. Tanti purtroppo ritengono così il loro rapporto con la Chiesa e con il suo Signore: luoghi e tempi di servizi vari, soprattutto sacramentali! Non è detto che frequentare le chiese sia sempre espressione della fede nel Risorto! Maria Maddalena invece è l’esempio della fede. E’ stata ai piedi della croce: “Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleopa e Maria Maddalena”(Gv 19,25); è la sposa conquistata dall’amore estremo dello Sposo… lo cerca dove l’hanno posto, ed è la prima che ha occhi per vedere il Signore. Cosa le permette di vedere il Risorto? E’ l’amore che la conduce, come luce, perché si fa guidare dall’amore. Viene in mente la bellissima pagina del Cantico dei Cantici dove la giovane innamorata chiede alle guardie: “Avete visto l’amato del mio cuore? Da poco le avevo oltrepassate, quando trovai l’amore dell’anima mia. Lo strinsi forte e non lo lascerò”(Ct 3,3-4). È lei la figura del discepolo che cerca il Signore, così come l’innamorata il suo innamorato. È l’amore che fa vedere ciò che altri non potranno mai!
La fede non è astrattezza, non è autoconvincimento, è amore perché Dio è l’amore. S. Giovanni ha scritto: “Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui” (1 Gv 4,16). Chi ama può incontrare e credere nel Risorto, come Giovanni, il discepolo che Gesù amava.
Il Risorto è visto non da chi ha letto qualcosa su di Lui, ma da chi lo guarda e lo contempla con amore e quindi lo accoglie. Perché solo l’amore ha occhi per vedere la verità. Per questo Giovanni crede. Non si può credere, incontrare il Risorto se non lo si ama. Gesù chiederà per ben tre volte a Pietro sul lago di Tiberiade: “Pietro, mi ami tu?” (Gv 21,15) perché per ben tre volte lo aveva rinnegato. Chi rinnega non ama perché non riconosce l’amore. Comprendiamo allora l’espressione di Sant’Agostino: “Ama e fa ciò che vuoi”, che non è fai ciò che vuoi, che è l’opposto della fede cristiana, ma tutto di te, di me, fatto per amore, con amore, nell’amore, secondo le sue leggi.
Ama chi accoglie, come la Maddalena e i discepoli. Amare è tenere la propria volontà della volontà dell’altro. Per questo Gesù dice: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola” (Gv 14,23). Amare è avere una comune volontà. Noi amiamo il Signore quando la nostra volontà è conforme alla sua. Sant’Agostino dice di vivere conformi alla volontà di Dio. Questo è il discepolo! La fede cristiana allora non scaturisce dal catechismo o dallo studio della teologia, ma è l’esperienza di un cammino di fidanzamento dopo aver incontrato il Signore; un cammino dove l’amore per la sua Parola diviene fondamentale per la nostra identità di discepoli del Risorto. Chi ama ascolta, accoglie, entra nel mondo della persona amata e ci sta permanentemente, perdendo se stesso per passare da un io ad un noi, dove la regola è il dono che spesso richiede la croce. Ma è proprio lì che l’amante vive l’amore, la condivisione. Gesù e il suo discepolo, due persone in una: Io in voi e voi in me.
“Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può fare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me… Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15,4.5).
Questa è l’avventura della Comunità dei discepoli del Risorto nella storia! L’amore è l’unica via per incontrare l’Amato! “Cristo, mia speranza è risorto… Sì, ne siamo certi: Cristo è veramente risorto (Sequenza).
Don Pierino