II DOMENICA T.O.
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Per comprendere quanto ci dice Giovanni va richiamato il principio che regola la comprensione del suo Vangelo: la presenza di due livelli di lettura.Ogni pagina del testo contiene un livello storico, che è quello del ricordo di fatti di cui si serve l’Evangelista nel narrare la sua catechesi, e un livello teologico, che è quello sottinteso al testo e presente nella mente dell’Autore che scrive, interpretando il fatto alla luce dell’evento pasquale. Storia e teologia in Giovanni si compenetrano indissolubilmente.
Vediamo:
“Il terzo giorno”. Perché questa collocazione temporale? Il terzo giorno per gli ebrei era il giorno dell’alleanza, quando Dio si manifestò sul Sinai. L’Evangelista colloca questo brano all’insegna dell’alleanza, perché proporrà in Gesù la nuova alleanza.
“Vi fu una festa di nozze”. E’ noto che il rapporto tra Dio e il suo popolo era raffigurato nel V.T. come un matrimonio; Dio era lo sposo e Israele era la sposa.
“A Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù”. Appare per la prima volta questo personaggio che sarà ripetuto per tre volte, ma mai con il nome. Quando gli evangelisti mettono il ruolo di una persona, ma senza il nome, significa che sono personaggi rappresentativi, come si dirà più avanti.
E’ importante notare che mentre la madre appartiene a queste nozze, a questa alleanza, Gesù no. Gesù fu invitato “con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino”. Nel rito del matrimonio, un momento culminante è quando i due sposi bevono allo stesso bicchiere di vino; il vino è simbolo dell’amore. Ebbene, in questo matrimonio, che è simbolo dell’alleanza fra Dio e il suo popolo, manca l’elemento più importante: manca l’amore.
“E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me?»” o, letteralmente, “Che cosa a me e a te?”, cioè che cosa importa a te e a me? E’ strano che Gesù si rivolga alla madre in questa maniera, con l’appellativo ‘donna’ che si usa per una donna sposata (significa ‘moglie’). Nel Vangelo di Giovanni Gesù si rivolge con questo appellativo a tre personaggi femminili, che sono figure delle spose dell’alleanza: Maria, la madre, che rappresenta la sposa fedele dell’Antico Testamento; la samaritana, l’adultera, che lo sposo riconquista con l’offerta di un amore ancora più grande; Maria di Magdala, la sposa della nuova alleanza.
“«Non è ancora giunta la mia ora»”, l’ora dell’alleanza di Gesù sarà quando effonderà il suo sangue sulla croce, la nuova alleanza non sarà come l’antica, fatta con il sangue dei giovenchi, ma con il sangue del Figlio di Dio. “Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela»”. La risposta della madre di Gesù, il suo invito, ricalca quello che il popolo disse a Mosè dopo l’alleanza “Quanto il Signore ha detto noi lo faremo”. Qui tutto è in chiave dell’alleanza.
“Vi erano là sei anfore”, il numero sei indica l’imperfezione, quindi c’è qualcosa di imperfetto. Che cosa? In questo matrimonio manca il vino, manca l’amore. Un rapporto con Dio basato sull’osservanza della legge faceva sentire il popolo sempre indegno, sempre in colpa, e quando ci si sente sempre in colpa, non si può sperimentare l’amore di Dio.
Poi l’intervento di Gesù: “«Riempite d’acqua le anfore», sarà Gesù a fornire la vera acqua della purificazione. “«Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto».»” – appare per la prima volta un personaggio importante, il maestro di sala, colui che in quei pranzi doveva sorvegliare l’andamento della festa e, soprattutto, stare attento alle provviste. Ebbene, questo personaggio non si accorge della mancanza di vino. Il personaggio in greco è detto ‘architriclino’, il cui inizio della parola è lo stesso col quale inizia quella di ‘sommo sacerdote’ e rappresenta i capi del popolo. I capi del popolo non si rendono conto della situazione della gente, che è senza amore.
Il maestro di sala “chiamò lo sposo” e, quasi rimproverandolo, gli dice “«Tutti all’inizio mettono il vino buono e poi quando si è bevuto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora»”. Per le autorità il buono appartiene al passato. Per loro è incomprensibile che il buono, il bello, il meglio debba ancora avvenire. Cristo è il “vino buono” e “ultimo”, cioè il dono perfetto del Padre.
“Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli infatti manifestò la sua gloria”. La gloria di Gesù viene manifestata in questo episodio, in quanto Giovanni propone la nuova alleanza e (come dopo la proclamazione dell’alleanza sul Sinai Dio manifestò la sua gloria) con questa nuova alleanza, Gesù manifesta la sua gloria.
Mentre l’antica alleanza era basata sulla legge e l’uomo doveva meritare l’amore di Dio e si sentiva sempre indegno (da qui le anfore per la purificazione) nella nuova alleanza l’amore viene donato, viene regalato e l’uomo deve soltanto accoglierlo.
Questa è la buona notizia portata da Gesù, oggi, a ciascuno di noi.
Diac. Giuseppe Tondi